LA STORIA, LE ORIGINI, I SIMBOLI, LE LEGGENDE...
ORIGINI E LEGGENDA DEL JUDO
LA LEGGENDA
La più nota racconta che intorno alla metà del '500 un medico di Nagasaki, SHIROBEI AKIYAMA, si recò in Cina per approfondire le sue cognizioni sui metodi di rianimazione, che presupponevano una perfetta conoscenza dei punti vitali del corpo umano. Akiyama, uomo di moltiforme ingegno, approfittò del soggiorno nel continente per studiare anche il taoismo e le arti marziali cinesi. Tornato in patria, durante un periodo di meditazione notò che i rami più robusti degli alberi si spezzavano sotto il peso della neve, mentre quelli di un salice si piegavano flessuosi fino a scrollarsi del peso, per riprendere poi la posizione senza aver subito danni. Applicando alle tecniche di lotte apprese in Cina le considerazioni maturate sulla cedevolezza o "non resistenza", fondò la scuola YOSHIN (del "cuore di salice").
NASCE IL JUDO
Jigoro Kano si trasferì a Tokyo nel 1871 con la sua famiglia. D'intelligenza vivissima ma di gracile costituzione, doveva subire la prepotenza dei compagni, dai quali avrebbe voluto difendersi praticando il ju-jutsu.
Kano si dedicò specialmente alla ginnastica e al baseball per irrobustire il suo fisico. Nel 1877, entrato all'università di Tokyo, potè finalmente avvicinarsi al ju-jutsu, cui si applicò con passione, impegnandosi in duri allenamenti (sempre ricoperto di piaghe, era soprannominato "unguento"). I suoi primi maestri furono Hachinosuke Fukuda e Masatomo Iso, della Tenshin-Shin'yo-ryu, dai quali apprese in particolare il KATAME-WAZA e l'ATEMI-WAZA, venendo in possesso dei DENSHO (libri segreti) della scuola dopo la loro morte.
Conobbe quindi Tsunetoshi Iikubo, esperto della Kito-ryu, da cui apprese il NAGE-WAZA. Mentre progrediva con sorprendente facilità, penetrando i segreti dei diversi stili, nel 1881 ottenne la laurea in lettere e cominciò ad insegnare al Gakushuin (Scuola dei Nobili).
Nel 1882 il giovane professore aprì una palestra di appena 12 tatami nel tempio di Eisho, radunandovi i primi 9 allievi: nasceva così il KODOKAN ("luogo per studiare la VIA"), dove il giovane professore elaborò una sintesi di varie scuole di ju-jutsu.
Il nuovo stile di lotta, non più soltanto un'arte di combattimento, ma destinato alla divulgazione quale forma educativa del corpo e dello spirito, venne chiamato JUDO ("VIA della flessibilità"): come precisò Kano nel 1922, si fondeva sul miglior uso dell'energia (SEI RYOKU ZEN YO) allo scopo di perfezionare se stessi e contribuire alla prosperità del mondo intero (JI TA KYO EI).
Nel 1895 Kano elaborò con i suoi allievi migliori il primo GO-KYO ("cinque principi") o metodo d'insegnamento; nel 1906 riunì a Kyoto i rappresentanti delle varie scuole per delineare i primi KATA ("modelli" delle tecniche di lotta); nel 1921 presentò il nuovo GO-KYO, tuttora invariato.
Kano morì sul piroscafo Hikawa-Maru nel maggio 1938, mentre tornava in patria dopo aver presenziato al Congresso del CIO svoltosi al Cairo. Non assistette quindi alla disfatta del suo paese, ma un paio di anni prima, quasi presagisse la tempesta, aveva lasciato una specie di testamento spirituale ai judokas di tutto il mondo:
- Il Judo no è soltanto uno sport. Io lo considero un principio di vita, un'arte e una scienza [...] Dovrebbe essere libero da qualsiasi influenza esteriore, politica, nazionalista, razziale, economica, od organizzata per altri interessi. Tutto ciò che lo riguarda non dovrebbe tendere che a un solo scopo: il bene dell'umanità.
ETIMOLOGIA DELLA PAROLA JUDO
Il termine Judo è formato dall'unione dei due ideogrammi "JU" e "DO" e viene spesso tradotto come "metodo della gentilezza": vediamo meglio il significato di queste parole.
L'ideogramma "JU" vuol dire morbido, cedevole. Nelle arti marziali orientali vi è una tradizionale distinzione tra tecniche dure e tecniche morbide intendendo come dure quelle arti in cui si contrappone direttamente la propria forza a quella dell'avversario mentre nelle tecniche morbide si cerca di sfruttare la forza, l'azione dell'avversario a proprio vantaggio.
Le leggende raccontano che tanti anni fa durante una bufera di neve un monaco stava attraversando un bosco: le piante erano talmente cariche di neve che i loro rami si spezzavano per il troppo peso. Anche gli alberi più possenti alla fine crollavano sotto il carico che continuava ad accumularsi sui loro rami. Ad un certo punto il monaco si fermò stupefatto di fronte ad un esile salice che nonostante l'apparente fragilità si ergeva intatto in mezzo alla tormenta. Egli osservò meglio e notò che i rami del salice erano così esili che non opponevano alcuna resistenza al peso della neve ma si flettevano lasciandola subito cadere a terra. Il monaco, esperto di arti marziali, pensò che questo principio poteva essere applicato alla lotta: sfruttare la forza, il peso dell'avversario per farlo cadere.
Il JUDO applica sempre questo principio: adattarsi all'azione dell'avversario per utilizzarne la forza. Se qualcuno spinge o tira con tutta la sua energia ed improvvisamente non incontra più resistenza rimarrà sbilanciato dalla propria stessa foga: è questo il momento giusto per applicare una tecnica, che potrà essere eseguita con poco sforzo. Diventa così essenziale la ricerca dell'opportunità migliore, lo studio del movimento che meglio sfrutta le proprie possibilità, in modo da non sprecare energia.
Tradurre questo principio con "gentilezza" è forse un po' troppo poetico, sottintende che siamo gentili poiché assecondiamo l'attacco dell'avversario anziché contrastarlo chiaramente, ma il termine è stato probabilmente ispirato dall'eleganza dell'azione, che non è mai brutale.
Il concetto fondamentale alla base di tutte le tecniche Judo è quindi quello di non opporre la forza alla forza ma di impiegare la propria abilità per volgere a nostro vantaggio una situazione apparentemente sfavorevole. Ma questa idea non era certamente nuova: altre forme di lotta tra cui la stessa antica arte del ju-jutsu si basavano sul concetto di "JU". La vera innovazione portata dal Maestro Kano è contenuta nel secondo ideogramma, "DO".
Questo ideogramma raffigura, stilizzato, un allievo che procede sotto lo sguardo attento del maestro e vuol simboleggiare il contenuto filosofico, educativo, formativo di questa nuova arte: il Judo non è soltanto "jutsu", tecnica, ma assume il significato più profondo di Via, metodo per migliorare.
La creazione di tecniche che possano essere eseguite senza pericolo, con costante controllo, e lo studio dei modi di cadere hanno consentito di slegare l'arte marziale dal combattimento reale permettendone l'utilizzo anche come sport o come svago.
Seguire il proprio "DO", la propria Via di crescita significa utilizzare il Judo per diventare migliori, acquisire correttezza ed autodisciplina, esercitare il rispetto reciproco, sforzarsi di aiutarsi vicendevolmente. Tutto questo non si limita solamente alla pratica in materassina ma dovrà gradatamente estendersi al di là delle mura della palestra, divenire una abitudine mentale, un modo di vivere.
Anche lo stesso principio del "JU" può allora essere inteso in senso più lato come un invito ad affrontare le avversità senza lasciarsi sopraffare dall'inevitabile ma cercando di cogliere in ogni frangente il lato positivo che può volgere la situazione a nostro favore.
Generalmente l'allievo, soprattutto se molto giovane, trae altrettanti benefici sul piano educativo che su quello strettamente motorio ed il suo progresso viene sempre giudicato non solo in funzione delle capacità tecniche acquisite ma anche della propria serietà: l'allievo più esperto deve poter essere additato come esempio, sotto tutti gli aspetti.
Caratteristica essenziale, legata alla stessa raffigurazione dell'ideogramma "DO", è la funzione dell'insegnante nell'ambito del Judo. Vi è un legame profondo tra maestro e discepolo su cui si fondano le possibilità dell'allievo di migliorarsi ed intorno a cui ruotano l'impostazione didattica e la credibilità della palestra. L'insegnante non rappresenta soltanto una fonte di conoscenza ed uno specchio di limpidità morale ma deve essere un punto di riferimento, una guida per l'allievo. Senza questo profondo rapporto l'insegnante verrebbe considerato soltanto un allenatore, come negli altri sport, e non un vero Maestro.
IL JUDO ALL'ANCES
30 ANNI DI STORIA
Nell'anno 2008 l'ances novate ha compiuto 30 anni di attività....
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